Bonorva
Centro ricco di testimonianze prenuragiche e nuragiche, dal territorio estremamente ampio, è attestato nel condaghe di San Nicola di Trullas (atto di donazione di prestazioni d’opera di servi a questo monastero), documento nel quale si cita «donnu Comita de Athen […] in Bonorba». È da rilevare che la famiglia Athen fondò il monastero di San Nicola di Trullas, oggi in territorio di Semestene.
Nel medioevo
Un momento saliente della storia del paese è da ricondurre all’avvento della dominazione catalano-aragonese, quando, nell’agosto del 1347, il governatore generale del Regno di Sardegna Guglielmo di Cervellon, a capo delle truppe dirette verso Sassari, fu vittima di un’imboscata dei Doria, ribelli al potere della Corona. La cruenta battaglia, si svolse tra gli attuali comuni di Torralba e Bonorva, nella località S’aidu de turdu, nella quale rimasero, come annotò lo studioso Virgilio Tetti, «eloquenti testimonianze nei resti umani che si scoprono in grande quantità negli anfratti di Badde Fustes e de Sa Pala ’e Sa Piedade, ma soprattutto nelle tombe, rinvenute presso la distrutta chiesa di Santu Bainzu de Medrinu, e nella grande fossa comune, trovata da contadini presso la distrutta chiesa di San Nicola», dove probabilmente vennero sepolti i caduti dell’esercito doriano.
Nel novero delle successioni feudali si ricordano i Cubello (1410), gli Alagon (1470), i Marongiu (1478), gli Enriquez (1480) e altre famiglie in gran parte d’origine catalana o iberica.
Bonorva in età moderna
Nel 1614 il religioso Diego Passamar, divenuto in seguito vescovo di Ampurias, consacrò alla Madre di Dio la chiesa parrocchiale. Con molta probabilità fu questa figura l’artefice dell’avvento a Bonorva dei Gesuiti (1612). Sempre nel XVII secolo vennero costruiti il campanile e la chiesa di Sant’Antonio (da Bachisio Mura, 1682), vennero ricostruite e ampliate la chiesa di San Giovanni e l’antica parrocchia di Santa Vittoria, divenuta poi cappella gesuitica. L’ultimo “signore” feudale fu il marchese di Villarios.
Paesi nella rivolta
Tuttavia i centri di Bonorva, Semestene e Rebeccu furono tra i promotori del moto antifeudale, garantendo appoggio incondizionato all’Angioy. Tra i sodali dell’Alternos si ricordano Paolo Frassetto, Giovanni Pintus, Antonio Cossu Marras, Giuseppe Calaresu, Angelo Mamusi Cossu, in gran parte condannati durante gli anni di repressione. Un cenno a parte merita Giovanni Pintus Tolu, soprannominato “Topu” (lo zoppo), giustiziato nel 1787 nelle forche presso il Carmine vecchio di Sassari, la cui testa venne affissa sul patibolo e i fratelli Muroni.
Prete Muroni, parroco di Semestene e gli angioyani bonorvesi
Di quel ceto variegato (ecclesiastici, piccola nobiltà di paese, borghesi di città, pastori proprietari), che sarà il nerbo del nucleo dirigente della Sarda Rivoluzione, che vide in Angioy l’uomo fidato a cui far presente interessi di varia natura, ebbero un ruolo importante i fratelli Muroni di Bonorva. Esponenti di un ceto pastorale che era riuscito a ritagliarsi uno spazio riuscendo ad avviare agli studi universitari i figli, i Muroni capirono che il freno al dispiegamento delle energie che fluivano nella realtà che vivevano aveva un nome solo: feudalesimo. L’alto numero di bonorvesi implicato nei moti rivoluzionari sardi ci dà una precisa stima della capacità di coagulazione che questi punti saldi nel territorio potevano esibire. Giovanni Carboni, Antonio e Gavino Cau, Antonio Maria Cossu, Baingio Cossu Gasamo, Antonio Cossu Marra, Antonio Frau, Pietro Manunta, Bachisio Morittu Mura, Bachisio Pintus, Giuseppe Piu Cossu, Salvatore Sanna, Pasquale Santucciu, Battista Giovanni Sassu, , Angelo, Antonio, Francesco, Giovanni e Sebastiano Sassu, Francesco Uras e Pasquale Zanzu, oltre i fratelli Muroni, furono i bonorvesi inquisiti e sotto processo sulla base delle risultanze trasmesse alla Segreteria di Stato di Cagliari dalla Delegazione viceregia di Sassari dopo la fine del sogno angioyano nel 1796.
Un numero altissimo, tra i quali possiamo identificare la punta di diamante nel teologo Francesco Muroni, parroco di Semestene.
Finito sotto la lente dell’arcivescovo di Sassari Della Torre, per la sua non celata propaganda antifeudale e per l’essere Semestene una stazione obbligata per i partigiani del movimento angioyano, il Muroni seguì l’alternos fino alle estreme conseguenze. Scoprì amaramente che la repressione del Valentino faceva sentire già pesantemente i suoi effetti.
Dedicatosi a liberare Gavino Fadda e altri angioyani prigionieri in città e sperando in una sollevazione dei sassaresi, fu respinto a Scala di Giocca e costretto alla fuga. Con alcuni bonesi, tra il 7 e l’8 ottobre 1796, si diresse nella sua Bonorva, che credeva porto sicuro, per reclutare quanta più gente possibile per una nuova impresa.
Il colmo per un irriducibile come lui fu quello di non riconoscere più la sua patria, caduta in mano ai nemici, i Prunas, e preso dalle lacrime e dallo sconforto, il Muroni si diede alla macchia tra i salti del Marghine e del Montiferru, ma venne tradito da un tale Dore di Sindia, che credeva amico, e cadde nella rete dell’autorità giudiziaria.
Incatenato, attraversò le strade della città ricoperto di sputi e ingiurie. Introdotto nelle carceri di San Leonardo ebbe una sorte straziante. Per rispondere a queste accuse infamanti scrisse, nel gennaio del 1808, un promemoria inviato all’arcivescovo di Alghero che aveva come destinatario il Re e in cui, narrando le vicende di cui fu protagonista, intendeva giustificare il suo operato per ottenere la libertà. Quell’anno, infatti, nonostante la generale amnistia concessa dall’arrivo dei Savoia a Cagliari, si trovava ancora detenuto. Morì due anni dopo nel convento di San Pietro di Silki a Sassari.
Bibliografia
P. ATZORI, Sassari. Il Carmine vecchio. Per un giardino che racconti 4 secoli di storia, Roma 2021, pp. 136-141.
L. BERLINGUER, Alcuni documenti sul moto antifeudale sardo, Cagliari 1962, pp. 31-32.
L. CARTA (a cura di), L’attività degli Stamenti nella «Sarda Rivoluzione» (1793-1799) in Acta Curiarum Regni Sardiniae, vol. 24, Cagliari 2000, pag. 2336.
P. CUCCURU, Francesco Muroni e il problema dell’eversione feudale, in Quaderni della Biblioteca comunale, 1, Sassari 1983, pp. 39-53
A. NASONE, S. A. TEDDE, In sos logos de Angioy. Lungo le strade della Sarda Rivoluzione: testi e documenti, Sassari : EDES, 2021
Credits
A. NASONE, S. A. TEDDE