Thiesi

Thiesi

Contro i feudatari in eterno

Attestato come toponimo per la prima volta nel Condaghe di San Pietro di Silki (XI-XIII sec.), l’abitato della villa di Tigesi si aggregò attorno alla chiesa di Santa Maria delle Nevi, oggi scomparsa.

Thiesi appartenne al Giudicato di Torres, inserito nella curatoria di Cabuabbas. Dopo l’estinzione del Giudicato passò ai Doria e successivamente agli Arborea. Alla fine delle guerre per il predominio dell’isola, nel XV secolo, i catalano-aragonesi vi istituirono il Marchesato di Montemaggiore.

Tra i membri dello Stamento militare convocato a Cagliari nei primi mesi del 1793, per fronteggiare il tentativo di invasione francese, compaiono anche i fratelli Pietro e Luigi Flores di Thiesi.

Essi furono l’avanguardia di un gruppo forte e ben assortito che aveva radici ben piantate decenni prima quando già nel 1759, nei due villaggi del Marchesato di Montemaggiore, Thiesi e Bessude, don Manuele Nurra, don Giuseppe Gambella e i reverendi Porqueddu e Chighine, spronarono i vassalli a una ferma contestazione contro gli abusi del feudatario.

Thiesi, dunque, fece parte di quella schiera di villaggi (intorno alla metà degli anni ’90 del XVIII secolo contava qualcosa come 2.500 abitanti) che già prima della Sarda Rivoluzione fu scosso da un confronto con l’istituzione feudale, ma che nei mesi caldi del 1795 riuscì a imbrigliarla con l’ideazione e la redazione di quegli atti passati alla Storia come strumenti d’unione.

L’abolizione del feudalesimo non era di competenza di un insieme di individui uniti da un patto, come appare dalle adunate dei capifamiglia, sancito da un atto notarile. Il loro giuramento promissorio – che fa appello a Leggi Fondamentali tradite -, fa degli strumenti d’unione un documento rivoluzionario che, in pratica, deborda dalla legalità del Regno, in quanto ne contesta la legittimità. Un documento assolutamente straordinario.

Il merito storico delle comunità di Thiesi, Cheremule e Bessude sta dunque nell’aver realizzato questo capolavoro giuridico, che venne probabilmente firmato anche alla presenza del Cilocco.

Quest’ultimo, con in mano il pregone e le circolari viceregie, dal balcone della casa di don Pietro Flores infiammò la folla che si diede come una furia all’assalto e alla distruzione del Palazzo del Duca dell’Asinara. Un’azione eclatante che mise i thiesini subito all’avanguardia del movimento rivoluzionario: presenti all’assalto di Sassari, presenti a Macomer, presenti ad Oristano, seguirono l’Angioy fino all’amaro epilogo.

L’odio nei confronti del Duca covò senza distinguo negli anni duri della repressione, dove i thiesini si strinsero in silenzio per non subire la sorte toccata a Bono e ad altri villaggi. Ma la compattezza della classe dirigente venne comunque minata dalla strategia delle autorità sassaresi. La stessa famiglia Flores ne subì gli effetti: don Luigi, fratello di don Pietro, passò nelle file governative e fu informato di un piano che aveva come scopo quello di ricondurre, una volta per tutte, alla ragione i thiesini.

Questi, infatti, nuovamente angariati dal Duca – nonostante alcuni pregoni ponessero esplicitamente delle limitazioni alle insolenze dei feudatari nei confronti dei villici -, il quale tronfio della cacciata degli angioyani intendeva ritornare allo status quo ante la Sarda Rivoluzione, con la riscossione dei tributi pur in epoca di carestia, si erano sollevati alla fine del mese di settembre dell’anno 1800. Sordo alle richieste del sindaco, dei consiglieri e dei parroci, il governatore di Sassari, il famigerato Conte di Moriana, provocò la resistenza dei thiesini, coadiuvati da abitanti di Bessude, Banari e Cheremule.

Passato nella memoria collettiva come “s’annu de s’atacu”, fu uno dei momenti più eroici, epici e spaventosi della Sarda Rivoluzione. Assaltato da cinque colonne di militi e salvacondottati, sotto il comando generale del Grondona, Thiesi resistette con tutte le sue forze per capitolare eroicamente sotto l’impeto di forze soverchianti il 6 ottobre. Le truppe del Grondona, compiuta l’opera, si lasciarono alle spalle un villaggio impestato da una coltre di fumo e da una copiosa scia di sangue.

Durante la fine del ‘700 Thiesi fu protagonista delle vicende rivoluzionarie sarde: nelle terre del Marchesato furono redatti i primi atti notarili (strumenti d’unione) che scatenarono la lotta antifeudale.

I moti popolari furono violentemente repressi il 6 ottobre 1800, anno tristemente noto ancora oggi come «s’annu de s’atacu».

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La torre prigione

La Torre Prigione fu edificata a metà del XV secolo, come articolazione del complesso edilizio dell’adiacente Palazzo Baronale. Il suo scopo era quello di sorvegliare l’unica via d’accesso al paese e controllare i flussi commerciali e i traffici viari riguardanti il villaggio di Thiesi.

Quando nel XVI secolo il paese aumentò in estensione, la torre perdette la sua primitiva funzione e iniziò a essere usata come luogo di detenzione.

L’amministrazione della giustizia nei villaggi sardi era appannaggio del feudatario: gli abitanti di Thiesi erano soggetti al pagamento di specifici diritti come la carcelleria, una sorta di tassa sulle carceri baronali. Nel 1770 l’edificio subì alcune modifiche, stando alla relazione stilata in occasione della visita del viceré Ludovico d’Hallot des Hayes. All’interno della Torre Prigione si potevano trovare l’abitazione del carceriere, una cella per le donne e una per gli uomini.

Completava il quadro un’angusta cella «segreta», munita di apertura a bocca di lupo. La struttura fu progressivamente dismessa attorno al 1960.

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Il Palazzo Baronale (oggi Municipio)

La famiglia Manca, che possedeva il feudo di Montemaggiore dal XV sec., edificò una dimora (Su palatu) sopra una collina, posta strategicamente all’ingresso del paese. L’abitazione era piuttosto modesta e serviva principalmente come sede degli amministratori della giustizia e ad ospitare saltuariamente il feudatario.

Una delle caratteristiche della dimora era «su passigiadore» o «bicocca», una sorta di osservatorio dal quale si dominava tutta la vallata e le vie di comunicazione. Il palazzo venne distrutto durante i moti antifeudali e a metà ‘800 sulle sue spoglie venne edificato l’attuale Municipio.

I segni dell’epoca feudale sono ancora presenti nel tessuto urbano di Thiesi.

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Chiesa di Santa Vittoria

Attestata già dal XV secolo, la chiesa parrocchiale di Santa Vittoria si caratterizza per l’impianto di marca gotico-aragonese, con facciata arricchita da un elaborato rosone ed un architrave monolitico, situato sulla porta d’ingresso, nel quale è possibile ammirare una teoria di santi, scolpiti secondo un gusto popolaresco, tra i quali spiccano San Giacomo, protettore dei pellegrini e Santa Vittoria, patrona del villaggio. Il campanile venne costruito nel ‘600 grazie ai proventi degli abitanti della villa.

Chiesa parrocchiale di Santa Vittoria - Thiesi
fatto storico
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L’industria conciaria: un’arte thiesina

Dopo la soppressione del feudalesimo nel villaggio di Thiesi iniziò una lenta ripresa. A metà Ottocento alcuni allevatori intrapresero un pionieristico mercato di bovini con la Francia, raggiungendo il porto di Marsiglia. L’incremento delle attività agropastorali rese fiorente anche l’industria delle pelli, come ricordato nel murale dell’artista Pina Monne.

Murale di Pina Monne - Thiesi
Murale di Pina Monne - Thiesi
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Il murale antibaronale del Sassu

L’opera, eseguita nel 1962 da Aligi Sassu, rappresenta iconicamente un episodio della lotta antifeudale. Durante una delle sue battute di caccia nelle selve di Thiesi, Antonio Manca, duca dell’Asinara e marchese di Montemaggiore, come sua triste consuetudine, avrebbe ordinato ad un suo vassallo, Sebastiano Dore, di chinarsi affinché, poggiando sulla sua schiena, potesse montare a cavallo. Il Dore, non potendo sopportare l’oltraggio, estrasse il proprio coltello ed indicando la lama appuntita disse al Duca «setzide·bos innoghe!» (sedetevi qui sopra!).

L’aneddoto è emblematico delle condizioni di vessazione, maltrattamento ed umiliazione imposte dai feudatari agli abitanti dei villaggi.

Sulla destra si staglia la figura dell’Angioy, che percorre a cavallo l’isola con in mano il vessillo dei Quattro Mori. Sono inoltre raffigurate scene di vita quotidiana (una delle donne ritrae la moglie dell’artista) e scorci del territorio. Completano la scena le protomi di Mandra Antine, sito indagato proprio in quel periodo dall’archeologo Ercole Contu.

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Il museo Aligi Sassu (M.A.S.TH)

La presenza di questo Museo a Thiesi permette al visitatore la possibilità di conoscere una parte cospicua della produzione artistica di Aligi Sassu, tra i più significativi esponenti dell’arte italiana del Novecento. Nato a Milano nel 1912 da Antonio Sassu e Lina Pedretti, Aligi trascorse parte dell’infanzia a Thiesi, paese d’origine del padre. Nel centro del Meilogu frequentò la scuola elementare e dall’esperienza che ebbe, a contatto con l’ambiente rurale sardo, trasse ispirazione nella scelta dell’accentuata componente coloristica, tipica dei suoi dipinti, e delle tematiche equestri, che rappresenteranno infatti una cifra distintiva del suo stile (nella collezione una decina di litografie sono dedicate al tema del cavallo).

La pinacoteca, nata da una sinergia tra Fondazione Sassu ed il Comune di Thiesi, espone 120 opere realizzate dall’artista fra il 1929 e il 1995 con varie tecniche pittoriche: litografia, puntasecca, acquaforte ed acquatinta.

Fonti
– G. Palmas, Thiesi villa antifeudale, Cagliari, 1974
– G. Deriu, L’insediamento umano medievale nella curatoria di “Costa de Addes”, Sassari, 2000
– www.museoaligisassu.it

Credits
A. Nasone, G. Ruggiu, S.A.Tedde

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