Mores
Abitato fin dal Neolitico il comune di Mores presenta ancora oggi importanti vestigia come gli anfratti preistorici di su Buccu ‘e sas Fadas e su Puttu Porchinu, differenti domus de Janas e il dolmen sa Coveccada, luogo singolare, uno dei più grandiosi del Mediterraneo, simbolo del paese.
In età giudicale Mores era incluso nel Giudicato di Torres, distretto della Curatoria di Oppia. Con l’avvento dei catalano-aragonesi il feudo, che comprendeva vari centri demici oggi scomparsi (come i villaggi di Lachesos e Todorache) cadde in mano a diversi feudatari. Nel Seicento, con l’estinguersi della famiglia Virde il marchesato di Mores entrò nel novero dei beni della famiglia Manca, ben nota nelle cronache antifeudali sarde, che lo detenne fino agli anni Quaranta del XIX secolo.
Nel 1795 i feudi di questa famiglia vennero sconvolti dai venti della rivoluzione: a Mores i vassalli demolirono il palazzo baronale, sede del locale feudatario dove era conservato l’archivio degli esosi tributi riscossi e delle reprimende per i facinorosi. Il 31 dicembre 1795 a Sassari gli abitanti del villaggio, unitamente ad altri vassalli, affamati e stanchi, entrarono con la forza nel palazzo d’Usini, storica residenza dei Manca-Amat con l’intento di distruggere arredi e beni, simboli tangibili di una vita assai agiata, costruita sui disagi, sacrifici e infelicità dei cosiddetti villici.
Tra i membri dell’armata angioyana figurano i fratelli Francesco e Totoy Areddu di Mores. Costoro avevano raggiunto l’Angioy a Thiesi la notte tra il 4 e il 5 giugno, insieme ai compaesani Nicola Cossu e Girolamo Dore. Furono arrestati a Cuglieri il 12 giugno 1796 insieme a don Quirico Massidda di Busachi, quest’ultimo di padre lussurgese amico degli Areddu, e rinchiusi nella torre di Bosa. Gli Stamenti raccomandarono al veghiere di Bosa una sorveglianza accurata dei tre, che caddero, dunque, nella spirale repressiva attivata contro i partigiani di Angioy. Tradotti lo stesso anno ad Alghero nella Torre di Porta a Terra, i due fratelli Areddu dovettero fronteggiare pure l’accusa di saccheggio delle case oristanesi e riolesi, a cui avevano partecipato. Si suppone che un tentativo di evasione da parte di uno dei due fratelli Areddu abbia avuto successo, poiché il nome di Francesco compare in una lista di latitanti graziati con regio biglietto del 22 settembre 1802, per fatti risalenti nell’arco temporale dal 1796 al 1800.
Tra i protagonisti del triennio rivoluzionario sardo si ricordano i fratelli Francesco e Giovanni Antonio Areddu, affiatati seguaci di Giovanni Maria Angioy e per questo motivo, negli anni della repressione vennero incarcerati, in tempi diversi, sia nella torre dell’Isola Rossa (Bosa) che presso la più note torri algheresi dello Sperone e di Porta a terra.
La storia di Mores reca anche nel suo patrimonio topografico la presenza annosa del dominio feudale, con una vasta estensione di territorio che prende il nome de «Sa tanca de su Duca», un fondo che appartenne alla famiglia Manca.
Centro storico
CURIOSITà
Uno degli elementi caratteristici del paese è il campanile della parrocchiale di Santa Caterina, che con i suoi 47 metri è uno dei più alti della Sardegna.
La torre, splendido esempio di neoclassicismo, con intagli e stucchi elaborati sulle pareti di vulcanite rosa, venne costruita in due fasi (1871) su progetto dall’architetto Salvatore Calvia-Unali.
Le vie del paese sono costeggiate da palazzi urbani in gran parte edificati tra Otto e Novecento, a testimonianza della ricchezza del paese, derivante dalla proprietà fondiaria e dal mondo agro-pastorale.
Convento dei Cappuccini
Fondato nel 1715 con autorizzazione del marchese di Mores Antonio Manca-Gaya venne dedicato a Sant’Antonio da Padova: sull’altare maggiore è presente un dipinto raffigurante San Pietro che dona le chiavi al Santo nativo di Lisbona, e in un angolo della pittura si può scorgere lo stemma del feudatario. Secondo alcune fonti in origine vi era anche l’effige raffigurante il marchese, ma la tela venne in questo punto lacerata durante i moti di fine Settecento. Su un architrave, collocato sulla porteria al di fuori del Convento, è riportata la data di fondazione della struttura conventuale, una delle ultime ad essere edificata nella Sardegna spagnola.
Casa Calvia
Tipico palazzo morese del XIX secolo venne acquistato dal poeta e scrittore locale Giuseppe Calvia, esperto di tradizioni popolari e prolifico articolista, tra Otto e Novecento, per il giornale La Nuova Sardegna. La struttura è stata successivamente donata dagli eredi al comune di Mores, in seguito divenuto il primo nucleo del Museo civico. Dal 2019 il complesso è gestito dall’associazione Litteras Antigas.
L’edificio ospita una mostra suddivisa su 2 piani: al piano terra è possibile ammirare l’area archeologica, suddivisa in due stanze (ambito dalla preistoria all’età nuragica nel primo ambiente e dall’età romana al medioevo nel secondo vano).
Al piano rialzato la prima stanza ripercorre le vicende della Prima e della Seconda Guerra mondiale, raccontando episodi e storie di personaggi di Mores che hanno vissuto in prima persona la guerra. L’ultima stanza ospita una piccola mostra etnografica.
Testi
Stefano A. Tedde
Bibliografia
A. Areddu, Il Marchesato di Mores, Cagliari 2011;Ass. Litteras Antigas, Casa Calvia, 2020;
T. Cabizzosu, Il Retablo maggiore di Ardara, Sassari 2017;
F. Tedde, Ardara capitale del Giudicato di Torres, Cagliari 1985.
Ringraziamenti
Comune di Mores, Convento Frati minori Cappuccini Mores, Associazione Litteras Antigas; Comune di Ardara, Parrocchia N.S. del Regno.