Ossi
Abitato fin dal Neolitico recente, il territorio di Ossi presenta ben visibili le vestigia di un passato ricco di domus de janas, nuraghi e villaggi nuragici. Collocato non lontano dalla grande arteria viaria che, in epoca romana, collegava Carales con Turris Libissonis, il territorio presenta importanti tracce della dominazione imperiale, come le 35 tombe scavate in arenaria presso S. Antonio di Briai. Conosciuto nelle fonti medievali col nome di Ogothi, il villaggio faceva parte della curatoria di Coros (Giudicato di Torres) assieme ai centri limitrofi, oggi scomparsi, di Mara (o Mavar), Silvaru, Noale, Sa ‘e Ossi e Briai. Dopo la caduta del giudicato Ossi entrò a far parte dei possedimenti dei Malaspina almeno fino a metà Trecento, divenendo successivamente villa del giudicato arborense (fino al 1409) e possedimento del visconte di Narbona (1420).
Infeudata ai Centelles, dopo vari passaggi ereditari entrò a far parte dei beni della famiglia Gujò (dal 1550 al 1732) che istituì la “baronia di Ossi”. L’articolata successione feudale si concluse col possesso degli Amat e successivamente con la famiglia Manca, dove il più celebre esponente, il famigerato Duca dell’Asinara, esacerberà l’animo degli ossesi con ingiuste esazioni fiscali.
Ad Ossi il malcontento verso l’oppressione baronale ha radici antiche: già nel XVI secolo si registrano i primi malcontenti della comunità, amplificati in seguito nel Settecento, oltre un decennio prima della lotta antifeudale.
Tra i balzelli più impopolari rimase quello imposto da don Antonio Manca, conosciuto come «umpeddu de sos sorighes», una misura aleatoria di cereali corrispondente alla quantità sottratta dai topi nei granai baronali.
L'Angioy attraversa Ossi
Consapevoli di lottare duramente per l’eliminazione del feudalesimo, gran parte degli abitanti di Ossi si unì all’Alternos nella sua marcia verso Cagliari. Partito da Tissi l’Angioy trovò l’intera comunità ossese ad aspettarlo. Soggiornò in casa del reverendo Ambrogio Piras.
Il 3 giugno 1796 da Ossi l’Angioy scrisse un dispaccio diretto al sindaco di Ploaghe col quale gli ordinava di radunare gli uomini del villaggio in attesa di unirsi a lui nella marcia verso il capoluogo dell’Isola. La lettera si chiude con la formula «Dio vi guardi per molti anni», spesso usata dall’Angioy nella sua corrispondenza.
Durante il breve soggiorno in casa Piras, l’Angioy ricevette le calorose visite di numerosi «printzipales» e personalità di spicco nella lotta antifeudale. Tra loro l’avvocato Gian Angelo Tola ed il nobile don Giovanni Serra di Ittiri, i quali rimbrottarono vivamente l’ossese Nicolò Pinna, ricco possidente che parteggiava per il Duca, che si opponeva con risolutezza ai venti di rivoluzione che soffiavano su Ossi. Da questa villa Angioy ed il suo seguito, sempre più numeroso, giunsero a Thiesi il 4 giugno, diretto alla volta di Cagliari.
Il terrore e la repressione
Dopo il fallimento dell’Angioy iniziò per mano del potere viceregio una dura repressione contro coloro che osarono ribellarsi al potere: diffusasi la notizia di una probabile missione armata contro Ossi, i fratelli Maurizio e Giuseppe Serra cercano di organizzare, assieme ad altri ribelli provenienti dai paesi vicini, una nuova alleanza antifeudale. Non ne ebbero il tempo poiché una truppa di oltre 160 armati condotti dai delegati don Ignazio Musso e don Nicolò Guiso invase il villaggio: era l’11 agosto 1796. Il primo a farne le spese fu il cavaliere Francesco Virdis, arrestato poiché reputato il principale organizzatore dei tumulti contro il feudatario. La soldataglia si da al saccheggio di Ossi, ma alcuni armati vengono fustigati pubblicamente.
Arrivano nel frattempo i rinforzi da Tissi ed Usini: i villici si acquartierano sulle alture dell’attuale “cronicaio” mentre gli ossesi si collocano sul campanile della parrocchia e sul tetto della casa baronale.
Inizia una battaglia a colpi di archibugio che fa indietreggiare le truppe viceregie, costrette a chiedere l’intervento di un altro drappello di armati. Un nuovo contingente di soldati arriverà nel pomeriggio, costringendo i villici a disperdesi nelle campagne, vista la disparità di forze. Alcune cronache raccontano di violenze e massacri perpetrati ai danni degli ossesi.
Nel periodo tra il 1796 ed il 1800 furono numerosi gli arresti di angioyani ossesi: alcuni di loro finirono sul patibolo e la testa, staccata dal corpo, venne appesa all’interno di una gabbia alle porte della città di Sassari, come deterrente per spaventare eventuali rivoltosi.
Vennero processati don Giovanni Serra, al cui processo testimoniò Nicolò Pinna (memore dello sgarro subito davanti all’Angioy) ed il cavaliere Francesco Virdis, che venne confinato nella villa di Cossoine.
Nonostante l’epoca di terrore la comunità di Ossi riuscì in parte ad ottenere revoca dei diritti feudali acquisiti dal Duca nel periodo dei moti, come testimoniato dalla documentazione notarile d’inizio Ottocento.
Palazzo baronale
Pregevole esempio di edificio civile di epoca moderna, il palazzo rappresentava la probabile residenza del feudatario locale.
Riedificato nel XVIII secolo, si ispira al modello del Collegio gesuitico di Sassari (primo nucleo dell’Università); in facciata riporta lo stemma – datato 1749 – della famiglia Piras.
Acquistato dalla parrocchia ai primi dell’Ottocento, cadde lentamente in uno stato d’abbandono alla fine del secolo successivo. Restaurato di recente è oggi la sede del Consiglio comunale e del Museo civico e della civiltà contadina.
Carceri baronali (oggi Municipio)
Nella parte alta del paese, tra la parrocchia ed il palazzo comunale, è ubicato il nucleo più antico dell’abitato (Intro ‘idda): nella piazza antistante la chiesa i vecchi ricordavano la presenza dei resti di una torre nota “su Bastione”.
Le carceri baronali si ergevano nell’area dell’attuale municipio, e dalle carte d’archivio si denota la presenza di un piano rialzato e di un sotterraneo. Divenute carceri mandamentali, nel Novecento vennero adattate a caserma ed in seguito demolite per edificare il palazzo comunale.
San Bartolomeo
Edificata ex novo nel XVI secolo sui resti di un preesistente tempio medievale, la chiesa di San Bartolomeo presenta struttura di base a croce latina, facciata originale in conci di calcare, due pale lignee d’altare nelle cappelle laterali (XVIII sec.) ed una raffinata statua del santo patrono collocata nell’altare maggiore. L’attuale aspetto dell’edificio è dovuto ad un ciclo di restauri ed ampliamenti (realizzati nella seconda metà del Novecento) che ne hanno alterato l’originale fisionomia.
Sa Mandra de Sa Giua
L’area archeologica di Sa Mandra de sa giua sorge nella periferia est del paese, comprende un nuraghe complesso e il relativo villaggio. Del nuraghe attualmente è visibile solo il mastio, mentre le due torri aggiunte furono messe in luce nella campagna di scavo del 1981-1983 e coperte subito dopo per motivi di sicurezza. Nell’occasione fu rinvenuto, nello spessore murario del bastione, un ripostiglio di 26 strumenti in bronzo e in ferro. Dall’area provengono anche una statuetta di “capo tribù” e altri reperti bronzei rinvenuti casualmente. Le capanne individuate attualmente sono 15, la più significativa è la capanna denominata “Casa del pane”: si tratta di un ambiente circolare circondato da sedili e da una vasca. Il vano di raffinata fattura è racchiuso da una struttura muraria che comprende anche l’area attigua dove si trova il forno che doveva avere una funzione cultuale. Questa capanna è il simbolo centrale del gonfalone di Ossi.
Santa Vittoria
Edificata nel XVI secolo la chiesa di S. Vittoria presenta pianta rettangolare absidata, timpano in facciata e barbacani sulle fiancate, su uno dei quali poggia il campanile a vela. Nell’Ottocento per la festa della titolare i contadini ed i pastori erano soliti offrire questue in natura (formaggi, ricotta, cereali) come testimoniato dai registri di amministrazione.
Bibliografia
M. Derudas, Ossi. Storia, arte, cultura, Sassari, 2013
M. P. Derudas, Archeologia del territorio di Ossi, Piedimonte Matese, 2000
M. P. Dettori, Ossi, in Dizionario storico geografico dei comuni della Sardegna, a cura di M. Brigaglia e S. Tola, vol. 4, Sassari, 2009
B. Porqueddu (a cura di), Logos de Sardigna. Ossi, Sassari, 2003
Credits
A. Nasone, G. Ruggiu, S. A. Tedde.