Ardara
Testimonianze archeologiche relative al periodo cartaginese e romano inducono una riflessione sulla frequentazione dell’area: strade e insediamenti di età imperiale, come quello sul pianoro di San Pietro risultano rivestire una straordinaria importanza nel panorama della Sardegna antica. Il sito dove sorge oggi il paese di Ardara mantenne una rilevanza strategica durante la dominazione bizantina, e soprattutto nelle prime fasi dell’età giudicale, con la costruzione di un «Palacium», sede del potere e della cancelleria del Giudicato di Torres almeno fino alla decadenza di questa istituzione. Divenuto un castello durante il dominio dei Doria, negli anni della presenza catalano-aragonese il sito cadde gradualmente in rovina. Il paese, sempre distinto dal castello nelle fonti documentarie («su burgu de Ardara») probabilmente nel Medioevo non occupava l’attuale posizione, ubicato secondo alcuni tra le vicine regioni di San Paolo e San Pietro. Testimonianza grandiosa del passato è la basilica di Santa Maria del Regno, che sorge su un’altura marginale al centro abitato.
Il 7 aprile 1796, le comunità di Mores e Ardara, costituenti il Marchesato di Mores, stipularono un patto di alleanza reciproca contro il regime feudale. A redigere l’atto fu il notaio Salvatore Campus. Lo strumento notarile è ispirato a un analogo atto redatto da Francesco Sotgiu Satta, notaio di Osidda ma da tempo domiciliato a Bessude. L’atto (come molti analoghi reperibili per il 1796) venne ispirato dall’intellighenzia repubblicana più avanzata. I documenti sono giunti fino a noi grazie alle copie archiviate presso gli uffici di Insinuazione, nelle quali gli atti venivano riprodotti: tra i protocolli originari dai vari notai che li redassero mancano gli autografi, fatti strappare dal giudice Valentino allo scopo di rimuovere ogni traccia del ben noto moto popolare.
Ruderi del palazzo giudicale
Secondo il Condaghe di san Gavino, una fonte narrativa che illustra la genesi della basilica di San Gavino di Torres, a costruire il castello fu la giudicessa Giorgia, sorella del malato re Comita, donna forte e di tempra, che fece edificare anche la vicina chiesa. Ma la stratigrafia costruttiva del sito indica la presenza di più fasi relative a differenti epoche e periodi storici.
La parte di maggior pregio, rilevabile dai conci bugnati perfettamente sagomati, è riconducibile al XII secolo. Al centro di un’area urbana, oggetto nel corso del tempo di profondi mutamenti, il palazzo dei Giudici presenta oggi agli archeologi non pochi problemi di identificazione dei vari ambienti.
CURIOSITà
Distrutto, secondo una leggenda popolare a partire dai moti antifeudali di fine XVIII secolo poiché ritenuto iniquo simbolo di potere, presenta attualmente solo poche strutture in elevato. La sua distruzione si deve in effetti al prelevamento, da parte degli ardaresi, dei conci usati per realizzare le loro abitazioni nonché alla rapina dei materiali litici attuata dall’impresa che a metà Ottocento costruì il vicino palazzo municipale.
Museo civico
Il piccolo Museo Giudicale conserva una ricca collezione di reperti, allestita nel 2010.
Oltre ad alcune epigrafi uniche nel panorama isolano (come quella di Sedecami, soldato romano di origine ebraica) il museo ospita una sezione di antichità romane e medievali, tra le quali spicca un frammento di sigillo appartenente a Comita II di Torres, giudice dal 1198 fino al 1218.
Basilica Santuario di Santa Maria del Regno
Edificata verosimilmente nella seconda metà dell’XI secolo, durante il Giudicato svolse la funzione di Cappella palatina. Al suo interno, secondo le cronache dell’epoca, venivano proclamati i sovrani di Torres, al cospetto delle più alte cariche ecclesiastiche. Sempre secondo la stessa fonte davanti all’altare maggiore venne sepolta Adelasia, ultima giudicessa, già vedova del sovrano Ubaldo Visconti e in seguito andata in sposa a Enzo di Svevia, figlio “naturale” del celebre imperatore Federico II. Nei primi anni del Cinquecento la Basilica si arricchì di un pregevole retablo pittorico che narra alcuni dei Misteri gaudiosi della Vergine. L’opera, datata 1515 e firmata da Giovanni Muru venne realizzata da diversi autori, tra i quali anche artisti gravitanti attorno alla bottega del Maestro di Castelsardo. La chiesa è un autentico scrigno di tesori poiché al suo interno sono conservate opere che vanno dalla seconda metà del XIII secolo sino all’epoca contemporanea.
Testi
Stefano A. Tedde
Bibliografia
A. Areddu, Il Marchesato di Mores, Cagliari 2011;Ass. Litteras Antigas, Casa Calvia, 2020;
T. Cabizzosu, Il Retablo maggiore di Ardara, Sassari 2017;
F. Tedde, Ardara capitale del Giudicato di Torres, Cagliari 1985.
Ringraziamenti
Comune di Mores, Convento Frati minori Cappuccini Mores, Associazione Litteras Antigas; Comune di Ardara, Parrocchia N.S. del Regno.